Il libro "Non chiamateli eroi" racconta molte storie: di chi ha combattuto la mafia attraverso la Giustizia, come il Generale Carlo Alberto dalla Cbiesa e i magistrati Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Racconta di Rocco Gatto, Peppino Impastato, Giorgio Ambrosoli e Libero Grassi, che non hanno ceduto alle minacce, ma anche di Don Pino Puglisi, un prete che offriva ai ragazzi di Brancaccio (un quartiere di Palermo) un'alternativa alla mafia.
Il libro, però, parla anche dei bambini e dei ragazzi uccisi perché erano figli o nipoti di un altro mafioso o, semplicemente, perché erano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma a essere sbagliata è proprio la mafia, che isola e uccide chi vuole solamente essere libero e vivere in una terra migliore.
Mi è piaciuto molto il libro, tant'è che l'ho letto tutto d'un fiato in un giorno solo.
In questo libro sono presenti storie diverse di persone diverse che vivono in città diverse. Ma molte di queste hanno in comune una cosa: sono storie di persone che hanno combattuto la mafia guardandola negli occhi, senza chinare la testa.
Anche se queste persone sono morte, nella gente è rinata la speranza e la voglia di lottare per una terra migliore. Ed è questa la cosa importante.
Giovanni Falcone era convinto che quando l'avrebbero ucciso, altri avrebbero continuato questa battaglia e infatti diceva:"Le nostre idee cammineranno sulle gambe degli altri".
Paola 3A
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